Kandinsky: geniale rivoluzionario dell’arte
“Lo spirito
nella pittura […] ha un rapporto diretto con la costruzione, già avviata, del
nuovo regno spirituale. Perché questo spirito è l’anima dell’epoca della grande
spiritualità”.
Così scriveva
Wassily Kandinsky (1866-1944) a proposito della costruzione delle sue opere, ma non sapeva ancora quanto fosse
lontano il mondo da quella sua professata dimensione spirituale, come avrebbero
presto dimostrato gli orrori della prima guerra mondiale, nella quale, tra
l’altro, troveranno la morte due tra gli artisti del Cavaliere Azzurro da lui
fondato nel 1911: Marc e Macke.
Per verificare
dunque quanto quelle sue raffinate riflessioni, racchiuse nel famoso libro “Lo
Spirituale nell’Arte”, abbiano poi influenzato tutta l’arte astratta
successiva, Milano presenta a Palazzo
Reale, dal 10 marzo al 24 giugno, la mostra Kandinsky
e l’astrattismo in Italia. 1930-1950, curata dal noto critico Luciano Caramel.
L’esposizione, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, è
prodotta in collaborazione con la Fondazione Mazzotta.
Dopo esattamente
60 anni da quel gennaio del 1947 che vedeva aprirsi, sempre a Palazzo Reale, la
nota rassegna Arte italiana e concreta,
la prima grande mostra in Europa di arte astratta dopo la fine della guerra, il
comune di Milano vuole rendere omaggio al geniale artista russo e analizzare al
contempo i suoi forti legami con l’arte astratta in Italia, tra il 1930 ed il
’50.
Per la prima
volta un imponente evento ricostruisce questo legame attraverso una cinquantina
di opere del maestro, molte delle quali oli su tela, acquerelli e pastelli. L’arte
astratta italiana del ventennio in oggetto, invece, è rappresentata da circa
170 opere di ben 52 artisti diversi.
Il percorso
espositivo, che si apre con l’opera Composizione
VII, del 1913, proveniente da Mosca, sintesi del pensiero e dell’arte del
grande artista, vero cardine del suo lavoro, si basa su due mostre che hanno
segnato la storia della conoscenza dell’opera di Kandinsky in Italia. Si tratta
dell’esposizione alla Galleria del Milione, nel ’34 sempre a Milano e la
retrospettiva alla Biennale del 1950, basata quasi tutta sulla collezione di
Nina Kandinsky.
La ricostruzione
di queste due esposizioni permette di chiarire il successo del “fenomeno”
Kandinsky nel nostro paese e di comprendere appieno due momenti successivi del
suo percorso: il decennio Bauhaus ed il seguente periodo parigino.
La sua pittura
che aveva originato l’astrattismo, basata spesso sull’interiorità, frutto di
anni di speculazioni e di ricerca, apparentemente caotica e complessa, ma in
realtà retta da un ferreo equilibrio interno di forme e colori, spesso ispirata
da ritmi e variazioni musicali, era considerata, come scriveva Carlo Belli nel
suo famoso libro KN, pubblicato nel
1935, una forma di ritorno al rigore della classicità greca. Il fascino
dell’antico per Wassily nasceva, secondo lui, lontano nel tempo, da una
riconquista dei valori puri dell’arte, come libera espressione di armonia ed
equilibrio. E concludeva dicendo che « Kandinsky stenografa l’assoluto.»
Come fare
allora, dopo di lui, per produrre ancora qualcosa di originale?
Questa è la
domanda che si saranno posti tutti quegli artisti che, negli anni successivi,
hanno dovuto lavorare, confrontandosi con questa importante eredità.
Dunque l’invito da fare a tutti è di venire a Milano ad osservare, perché l’arte al completo, in particolare quella astratta, non si può descrivere, ma si deve guardare con i propri occhi. Il serrato e rigoroso dibattito che qui si riapre, tra un geniale maestro del Novecento ed alcuni gruppi di astrattisti italiani, divisi per periodi e movimenti, serve per riparlare di quanto e come quel seme gettato da Kandinsky con la sua pittura germoglierà nel nostro ricettivo paese.